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VITA DA BLOGGER A FIRENZE

Il libro di Stefano Giannattasio è la storia di una resurrezione: d’anima, di corpo e di mente. Le sessantatré liriche della silloge testimoniano lo sforzo titanico di rialzarsi in piedi dopo ventott’anni di malattia. Tanto tempo è durata la grave forma di depressione che ha colpito l’autore, blogger e fotografo in un’amatissima Firenze, che può assumere la dimensione di un magnifico sogno a occhi aperti, ma talvolta anche di un incubo in istantanee catturate per strada.
Sono versi che fanno riflettere sul significato di essere una madre biologica: Non ho mai saputo chi fosse /e perché mi abbia abbandonato all’orfanotrofio e A volte ancora mi domando /perché io abbia visto la luce, sulla genitorialità adottiva: Ero contento di averli chiamati papà e mamma. /Li avevo scelti, stanco di non ricevere amore, sul mistero della nascita, sulla ferita aperta dell’abbandono: si fece rabbia di bestia, /ma la Poesia mi ha cambiato., sulla disperata ricerca dell’amore di coppia forse impossibile da raggiungere per la fragilità della convalescenza: A cadere nella depressione ho sbagliato, /ho fatto del male a mio padre. /La Poesia ha vinto la sofferenza e la sua morte.
Sono versi che non di rado fanno tremare i polsi alle donne e agli uomini di apparente buona volontà, ma di scarsa sensibilità per cui si chiede perdono perché, o mio Signore, non sanno quello che fanno. Sono versi che non giudicano il prossimo poiché permeati dalla verità della parola: Come Lazzaro sono risorto grazie a te e a Gesù.
C’è la consapevolezza di essere sempre e comunque non il figlio di un Dio minore, ma l’incarnazione della volontà e dell’intelligenza supreme che hanno creato e governano l’universo. Sono versi che scavano nella roccia, nei taglienti spicchi di una personalità frantumata, sdoppiata e ricomposta dai farmaci quando calano le tenebre e finalmente il Dottor Jekyll se ne va /e mi lascia in pace.
Alla sottoscritta è spettato solo il compito di trascrivere al computer i versi di Stefano Giannattasio. Mi sono stati dettati al telefono da Mr. Hide, quando riapriva gli occhi nella semioscurità di una stanza, spesso insofferente ad ogni altro suono che non fosse la mia voce. Pazientemente, notte dopo notte, per mesi.

Ornella Fiorentini